«No, questa non è l'apocalisse» si disse, mentre proseguiva in direzione dell'ingresso. Indirizzò lo sguardo verso l'amico che lo accompagnava. Ad un certo punto si chiese chi potesse essere quella persona. Uscivano insieme, parlavano, a volte fumavano, poco prima erano scesi entrambi dalla stessa macchina, ma adesso? Adesso era uno sconosciuto di nome Bertold, che gli camminava a fianco.
Bertold. Era buffo il risuonare di quella parola nella sua testa. Aveva deciso di chiamarlo Bertold, in quel momento, perchè il vecchio nome dell'amico pareva non aver più alcun significato, esattamente come l'essenza stessa della persona che gli stava vicino. Il nome era il tentativo di ridare una consistenza a quella sagoma ora sconosciuta, una consistenza che gli piacesse, che gli ricordasse un drammaturgo tedesco e il suo grido soffocato davanti ad un rogo di libri. A volte, Bertold si voltava e sorrideva. Un sorriso di circostanza, programmato. In effetti, il suo compagno somigliava sempre di più ad un attore, mentre Lui si accorgeva di essere il protagonista di un film. Un film sulla sua vita, o qualcosa del genere. Un lungometraggio in cui era coinvolto senza saperlo. In realtà, a danno della produzione, Lui lo intuiva; per questo stravolgeva il copione sghignazzando. Il suo intuito lo portò a intravedere le cineprese, gli addetti alle luci e il regista, un vecchio scorbutico con un antico berretto di pelle che, appena vide la scena rovinata da quelle improvvise consapevolezze, urlò di fermare tutto e cominciò ad inveire furiosamente contro Lui. Non c'era modo di zittire quell'omuncolo: i pugni svanivano attraverso la figura che sbraitava di attenersi al copione e di piantarla di fare il caz-zooo-ne. I pugni non servivano, ma nel corso del tempo Lui aveva scoperto che la forza del suo Io era di gran lunga più potente, perfettamente in grado di zittire quel regista. L'aveva padroneggiata e dopo qualche secondo le grida diventarono sibili indistinguibili - fanculo, la sua vita non era un film nelle mani di qualcuno, o qualcosa.
Tuttavia, non se ne liberava completamente. Stava al gioco, in attesa del momento giusto per levare le viti dal palcoscenico e smascherare quei farabutti. Levare la maschera anche dal volto dell'amico.
Bertold gli sorrise.
Ormai capiva benissimo che quelle macchioline sparse e intermittenti davanti ai suoi occhi erano bruciature di pellicola.
bozze » prima
Today's Song: Millencolin - No Cigar
3 agosto 2009
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1 commenti:
L'ho letto come una grande metafora di ciò che ci accade intorno e non cogliamo,fino al Momento: regista,sceneggiatore,attore,tutti perfettamente e sorprendentemente in fila davanti a te.
Al Momento2,quello in cui facciamo crollare il palco e la scenografia sotto gli addetti ai lavori,saremo più liberi e più soli,o più consapevoli e più aperti al mondo?non lo so..
Quanto al mio post: era esattamente l'inutile a cui mi riferivo,era una specie di provocazione..la penso esattamente come te. :)
Come avrai notato il mio blog non ha i comandi per scorrere tra le pagine,bisogna accontentarsi della navigazione per mesi :P
ila
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