1 gennaio 2009

Requiem for a dream, part #4

Lei, seduta da qualche parte nel centro della saletta; paziente, aspetta che inizi la visione mentre mi do da fare tra cavi e impianti, aiutato da mia madre e mia sorella. Noto che è la solita saletta, nel negozio di mio padre. Ma, oltre alla presenza inconsueta di una specie di podio, dal quale Lei osserva, sembra che la struttura della stanza si mischi con quella dell'altra saletta. Ma so esattamente dove sono.
«Attacca il panettone» mi sento dire.
Gli occhi stupiti incrociano una specie di panettone, vicino al telo da proiezione. Lo prendo e lo giro, lo esamino, riesco a collegarlo ma sono ancora più incredulo. Dopo quel collegamento, tutto parte. Salgo sul podio e mi vado a sdraiare a pancia in giù accanto a Lei, passando davanti ai suoi occhi appiccicati alle immagini sullo schermo. Estatica. Il tessuto del tempo si lacera.
Dopo qualche istante la sua mano sinistra cerca il mio volto e senza staccare gli occhi dai miraggi di fronte, Lei mi accarezza. Le prendo la mano e infilo teneramente le mie dita tra le sue. Si volta, mi sorride.
Esita un momento. Poi mi dice:
«Oggi pomeriggio parliamo e ci vediamo stasera»
Una gioia nel suo sguardo mi colpisce.
Poi se ne va.

Scendo dal podio e sono vicino ad un grosso tavolo in un bar. Amici che non riconosco sono seduti tutt'intorno - parlo con uno di loro, in piedi, sul lato più corto del tavolo. Un rintocco di Eterno e mi avvicino all'uscita del locale, dopo aver salutato il gruppo.
Appena varcata la soglia, sono in strada, una strada di Londra. Il mio mondo si è trasformato in una scenografia britannica. Mi incammino verso nord, poi giro l'angolo. Riconosco gli ambienti di una vacanza, passeggio deciso tra le vie londinesi e osservo il verde degli alberi che pian piano aumenta.
Capisco che mi sto avvicinando a Hyde Park. Infatti, passo la cancellata e mi infilo in un viale che si immerge nel manto erboso, tra scoiattoli e chimere. Mi accorgo della presenza di una ragazza davanti a me, una ragazza minuta, i capelli color del rame - non è Lei. Mi incuriosisce la sua espressione di stupore e la seguo, inghiottito dal mio cappotto scuro. Ad un tratto si ferma ai piedi di un albero e alza lo sguardo verso l'alto, tra le fronte nodose di quel vecchio antenato.
Adesso vedo con i suoi occhi, osservo le fronde. Un'espressione di terrore si dipinge su quegli occhi, sui miei occhi, quando scorgo un serpente, biscia pinea greca, appollaiato su uno dei rami, pronto a balzare su quel volto.

(Il nome del serpente, una consapevolezza improvvisa, come se conoscessi a fondo la sua fama, inesistente)

Un urlo soffocato, un gridolino. La ragazza scappa e io sono le sue gambe, sono i suoi occhi, io sono il suo terrore che divampa, la sua fuga. Da ogni albero sul viale cadono pinee greche. La corsa continua.
Finisce il viale, la ragazza-io sale sopra un piano rialzato. E' in salvo. Forse.

E il sogno si strappa.

Allungai una mano e vidi i suoi occhi. Sembravano miopi. Ecco perchè non si era mai accorta che la seguivo, perchè non mi aveva mai riconosciuto, chiedendosi chi fossi, forse vedendo soltanto una grossa chiazza nel paesaggio.
- Lawrence Ferlinghetti

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