2 giugno 2008

L'orologio segna il minuto - ma che mai segna l'eternità?

"Chi mai va là? affamato, brutale, mistico, nudo;
Come faccio a estrar forza dal manzo che mangio?

Che cos'è l'uomo, insomma? Che cosa sono io? Che cosa sei tu?

Tutto ciò che contrassegno come mio tu devi controbilanciarlo con ciò che è tuo,
Altrimenti prestarmi ascolto sarebbe tempo perduto.

Io non piagnucolo come quelli che gemono su tutto il mondo,
Perchè i mesi sono vani, la terra null'altro che fango e sozzura.

Gemiti e scoramenti mischiateli con le polverine per i malati, il conformismo passi in quarta fila,
Io porto il cappello come mi piace, in casa e fuori di casa.

Perchè dovrei pregare? perchè venerare e fare tante cerimonie?

Dopo aver nell'analisi spaccato un capello in quattro, dopo essermi consultato con dottori e aver calcolato rigorosamente,
Non trovo grasso che mi sia più caro di quello che aderisce alle mie ossa.

In ogni persona ritrovo me stesso, non uno che mi superi, non uno che valga un chicco d'orzo di meno,
E il bene e il male che dico di me lo dico pure di loro.

Io so che sono solido e sano,
Verso me i convergenti oggetti dell'universo perpetuamente fluiscono,
Tutti recano scritte per me, e io devo decifrare il senso di queste scritte.

Io so che sono immortale,
So che quest'orbita mia non può venir misurata dal compasso del falegname,
So che non dileguerò come l'ardente cerchio che nella notte un bambino traccia con un tizzone acceso.

Io so d'essere augusto,
Non mi tormento lo spirito perchè rivendichi i meriti suoi e si faccia capire,
Vedo che le leggi elementari non chiedono mai scusa,
(Ritengo dopo tutto di non comportarmi con orgoglio maggiore della livella, con l'aiuto della quale edifico la mia casa.)

Esisto come sono, e tanto mi basta,
Se nessuno nel mondo lo sa me ne resto tranquillo,
Se ognuno e tutti lo sanno me ne resto tranquillo.

Un mondo almeno lo sa e di gran lungi il più vasto per me, e cioè il mio io,
E sia che oggi consegua tutto quanto mi spetta, o debba attendere dieci mila anni o dieci milioni di anni,
Posso accettarlo adesso con letizia, e con uguale letizia posso aspettarlo.

La presa del mio piede è calettata a incastro nel granito,
Me ne rido di ciò che voi chiamate dissoluzione,
Io conosco l'eternità del tempo."

Walt Whitman - Foglie d'Erba (Il canto di me stesso, n°20)


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