4 febbraio 2008

Ali bagnate

E così il giorno di pioggia e vento e fruscio di macchine a contatto con l’asfalto stradale e lente signore anziane che si trascinano per i vicoli del paese con le loro eterne commissioni, mi si sdraia completamente addosso – un barbuto anziano ubriaco che mi ride in faccia con il suo fiato di malto e idromele. A fatica tento di scrollarmelo di dosso ma il vecchio barbone continua ad opprimermi e ridermi in faccia, il suo vento gelido e bastardo mi sferza il viso e penetra nelle vesti, profondo si insinua nella pelle e nelle ossa, spalanca le porte dell’anima e fa uscire tutti i bravi ragazzi che si divertono e bevono mentre la stanza si riempie di grigio e facce smorte. Sul ciglio della strada aspetto di passare dall’altra parte mentre mute utilitarie sferragliano verso chissà dove – un enorme tir mi sfreccia davanti e sposta cubi di aria che mi travolge violenta, cinica che mi accompagna anche durante il guado del fiume di pece e orli bianchi. Alzo gli occhi al cielo di piombo che mi obnubila la mente, impegnata in ragionamenti su Joyce dinamitardo dublinese che un bel giorno decise di far collassare la diga di preconcetti e tradizioni, un gran boato boooooom così che il flusso di coscienza potesse travolgere la tranquilla vallata dei Conformisti più giù e James con il suo cappello a larghe tese e i suoi occhialetti irlandesi che se la rideva tenendosi la cintola, mentre osservava la devastazione che aveva creato sul mondo vittoriano perbenista (e il flusso di coscienza è veramente una cosa straordinaria a provarsi perché – sul serio – ti travolge tutto dentro e ti metti a sorridere). Trascino il mio corpo relitto su per la salita verso il centro del paese, intorno a me grondaie e tetti e tegole tristi sputano acqua sul terreno, forme liquide che lentamente scivolano verso livelli più bassi dell’esistenza e creano enormi bacini dove fantasmi speranzosi sguazzano ma non riescono a salvarsi – una stasi che potrebbe durare per millenni. Il fottuto vento demolisce esili barriere protettive dell’ombrello, fanculo, lo chiudo e vorrei scaraventarlo in aria, verso quella desolazione lassù e gridare e maledirla con ogni sorta di fattura. Spingo la grande porta tra due vetrine con maschere di Carnevale – Carnevale? ah si Carnevale, giusto giusto, se qualcuno non me lo diceva manco ci facevo bada a quello che anni fa mi regalava momenti lieti in abiti di pirata di fuorilegge in calzamaglia di cattivoni in miti cavallereschi, banalità di tradizione che divertivano e addizionavano persone in piazze gremite di carri allegorici, ma che ora per me non costituivano altro che un mucchio di scempiaggini di poco conto devo ammetterlo. Entro per rinnovare nuovamente il patto con la grande società di balenottere azzurre che mi scorrazzano in giro, in realtà soliti percorsi di routine semi-quotidiani, pochi kilometri ma tanti stupidi soldini da versare nelle larghe tasche di qualche burocrate sdraiato su un lettino alle Bahamas, mentre tanti piccoli schiavetti in groppa alle balene trascinano tanti altri piccoli schiavetti verso la continuazione delle loro vite, vite che continuamente si intrecciano con altre vite che si muovono su quattro,due,chissà quante ruote, mentre il mondo sofferente continua a girare su se stesso. Mentre discendo la strada che prima si poteva offrire come rampa di lancio verso qualcosa di diverso, ancora acqua piovana sgorga dalle tubature e il cielo terso di nuvole come stracci unti e rancidi copre la fronte della terra – immagino di essere in un bel locale, una serata tranquilla, davanti una buona birra e oltre quella un buon amico che mi chiede che diavolo mi prenda e si per una volta in qualche modo mi capisce e mi aiuta veramente e allora.. tac! qualcosa cambia e in un lampo tutto, grigio cielo, vecchio giorno barbuto e ubriaco, vento gelido, pioggia, tutto svanisce in una nube orribile che lentamente e velocemente se la svigna con la coda tra le gambe nel Nulla. E torna il sereno. Ma la realtà è ancora grigia, pietrificata nel tempo, in attesa che qualche mano mi riporti a galla boccheggiante ma – vivo.

E forse è solo una dannata giornata uggiosa.

"La mia vita è una vasta e insensata leggenda che si estende in ogni direzione senza un inizio e una fine, come il Vuoto - come il Samsara come fossero dei tic per tutto il giorno mille ricordi vengono a turbare il mio pensiero vitale con spasmi quasi muscolari di lucidità e memorie"

Jack Kerouac

Today's Song: Othar Turner - Shimmy She Wobble



2 commenti:

Rita ha detto...

Luca in queste Ali bagnate ci hai infilato tutto e giuro che mi chiedo come hai fatto per metterci *tutto questo tutto* con l'insensato sentimento che contraddistingue i tuoi scritti...ti ho letto di getto e non smetto di dirti che mi piace molto come scrivi..ho vissuto quel che ho letto e non succede sempre....non so quanto piacere possa farti ma credimi che mentre leggevo te era quasi come se fosse...io...:) grazie per il bel viaggio anche se mi sono inzuppata d'acqua mi è piaciuto un sacco!!!

orfeoemerso ha detto...

ahahah grazie mille a te, fortunatamente non mi sono inzuppato perchè era proprio la tipica pioggerellina però quell'uscita è stata piuttosto fastidiosa

con queste splendide giornate di sole credo che il conto ora sia pareggiato, soprattutto per il cielo che ho visto ieri sera (racconterò a breve..)

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